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ACCERTAMENTI SULLA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: NULLITÀ PER OMESSO AVVISO AL DIFENSORE E LEGITTIMITÀ DEI PRELIEVI EMATICI

La guida in stato di ebbrezza è un reato previsto dall’art. 186 del Codice della Strada, che punisce chi si mette alla guida con un tasso alcolemico superiore ai limiti di legge. Per accertare tale condizione, le forze dell’ordine possono effettuare controlli strumentali e, in alcuni casi, disporre il prelievo ematico. Tuttavia, la normativa e la giurisprudenza pongono alcuni paletti a garanzia dei diritti dell’indagato, la cui violazione può determinare l’inutilizzabilità degli accertamenti.

1. L’OBBLIGO DI AVVISO AL DIFENSORE E LE CONSEGUENZE DELLA SUA OMISSIONE

Ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p., quando viene effettuato un accertamento sul tasso alcolemico con l’etilometro, l’interessato deve essere informato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’omesso avviso della facoltà di nominare un difensore comporta la nullità dell’accertamento, con conseguente inutilizzabilità del risultato ai fini probatori ( Cass. Pen., Sez. IV, n. 25639/2019).

Questa nullità è di carattere relativo e deve essere eccepita dalla difesa nei termini previsti dall’art. 182 c.p.p. In caso contrario, il vizio procedurale si considera sanato.

2. LEGITTIMITÀ DEI PRELIEVI EMATICI: IL CONSENSO INFORMATO COME CONDIZIONE ESSENZIALE

Quando il conducente coinvolto in un sinistro viene trasportato in ospedale, la polizia giudiziaria può acquisire i risultati degli esami del sangue per accertare il tasso alcolemico. Tuttavia, la legittimità di tale acquisizione dipende dal rispetto di precise condizioni.

La Cassazione ha ribadito che il prelievo ematico effettuato senza il consenso informato scritto del paziente costituisce una violazione del diritto all’autodeterminazione e dei principi costituzionali sulla libertà personale (art. 13 Cost.). Se il prelievo non è stato preceduto da un consenso valido, l’accertamento è affetto da inutilizzabilità, salvo che sia stato eseguito per fini diagnostici e terapeutici nell’interesse del paziente (Cass. Pen., Sez. IV, n. 51284/2017).

Inoltre, se il prelievo è stato eseguito su disposizione della polizia giudiziaria, senza il consenso dell’indagato e senza un provvedimento dell’autorità giudiziaria, si configura un’ipotesi di violazione dell’art. 359-bis c.p.p., che disciplina le ispezioni personali e gli accertamenti coattivi.

3. CONCLUSIONI

Gli accertamenti relativi alla guida in stato di ebbrezza devono essere svolti nel pieno rispetto delle garanzie difensive dell’indagato. L’omesso avviso della facoltà di nominare un difensore determina la nullità relativa dell’accertamento con etilometro, mentre il prelievo ematico effettuato senza un consenso informato scritto può condurre all’inutilizzabilità della prova. Questi principi, sanciti dalla giurisprudenza, costituiscono un fondamentale strumento di tutela per il cittadino e impongono alle forze dell’ordine e agli operatori sanitari il rispetto rigoroso delle norme procedurali.


Corte di Cassazione: il padre che non mantiene i propri figli commette il reato di cui all’art 570 c.p., anche se vi provvede la madre

Avv. Alessandro Marino - 02 mag 2021


Chi è tenuto a contribuire al mantenimento della prole deve dimostrare la propria incapacità economica, non la capacità economica di chi ha diritto alla misura.


Con questa motivazione la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un padre condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art.570 (violazione obblighi di assistenza familiare) che ha fondato la sua difesa su un semplice assunto: non vi era reato poiché non sussisteva lo stato di bisogno dei figli, atteso che vi provvedeva da diversi anni la moglie.

Il giudice d’appello confermava la condanna di primo grado ma riduceva la pena con riconoscimento delle attenuanti generiche.

Il quesito: se non c'è stato di bisogno sussiste il reato?

L'imputato contestava l'esito del giudizio d'impugnazione e, in particolare, la sussistenza dello stato di bisogno negli aventi diritto al mantenimento nonchè il mancato accertamento della sua capacità economica a fare fronte all'impegno.


E’ L'obbligato che deve provare la propria difficoltà economica

La Cassazione rigettava il ricorso perché inammissibile.

La Suprema Corte motivava in sentenza che sbagliava l'imputato nel ritenere che mancava la prova della propria disponibilità economica a provvedere, in quanto quando sussiste un obbligo nei confronti dei propri congiunti.

Ed invero, confermando la sentenza d’appello, la Cassazione ribadiva che è onere dell'obbligato dimostrare la propria impossibilità ad adempiere e non la capacità economica di chi ha diritto al contributo.


a seguire: testo della sentenza.



Cassazione penale sez. VI - 11/02/2021, n. 16183

Intestazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -

Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere -

Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere -

Dott. DI STEFANO Pierlui - rel. Consigliere -

Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.G., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 18/12/2017 della Corte appello di Ancona

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Pierluigi Di Stefano;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Dr. Lori Perla, che ha concluso chiedendo

dichiararsi il ricorso inammissibile.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Ancona con sentenza del 18 dicembre 2017 ha confermato in punto

di responsabilità, riducendo la pena in applicazione delle attenuanti generiche, la condanna

di B.G. per il reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, per aver omesso di corrispondere alla

madre affidataria l'assegno mensile in favore dei figli minori nonchè la quota di spese

straordinarie.

Condotta contestata far data dal (OMISSIS).

In riferimento agli specifici motivi di appello la Corte:

 - rigettava la eccezione di genericità del capo di imputazione essendo chiaramente

contestato che il periodo di mancato pagamento andava dal 2009 al novembre 2011.

- La costituzione di parte civile era correttamente effettuata in cancelleria e ribadita in

Tribunale nel contraddittorio tra le parti essendo quindi superflua la sua notifica.

- La lista testi era stata correttamente depositata unitamente alla costituzione di parte

civile; in ogni caso poteva essere considerata come ritualmente depositata dalla persona

offesa in quanto tale.

- La modifica della imputazione era stata correttamente disposta dal pubblico ministero

dopo l'esame della persona offesa. Non è vero quanto sostiene la difesa perchè

all'imputato è stato notificato sia il verbale di udienza della modifica della imputazione che

la copia del verbale di trascrizione in cui la richiesta è riportata per esteso.

- Quanto al presunto legittimo impedimento del 20 aprile 2014, in tale data perveniva con

modalità irregolari un certificato medico di contenuto generico che riferiva di una semplice

lombalgia. Non vi era, quindi, alcun impedimento a comparire.

- Nel merito confermava la responsabilità per il mancato pagamento considerato lo stato di

bisogno presunto dei minori.

La difesa deduce con ricorso avverso tale sentenza:

primo motivo: illegittimità delle ordinanze di primo grado ribadendo la indeterminatezza del

capo di imputazione, la illegittimità ed inammissibilità della lista testi della parte civile

perchè proposta prima della costituzione di parte civile, la genericità e indeterminatezza

della imputazione, il difetto di notifica all'imputato della modifica della imputazione.

Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione. Contesta la ricostruzione della

responsabilità del ricorrente. Fa rinvio agli argomenti dei motivi di appello. Contesta la

sussistenza dello stato di bisogno e il mancato accertamento della sua capacità

economica.

terzo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla determinazione della

pena.

Il procuratore generale con requisitoria scritta ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.

Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato riproponendo questioni sulle quali ha dato

adeguata risposta la Corte di Appello, alla quale si fa rinvio, con ulteriore specificazione


che non risulta esservi stata immediata contestazione della ammissione delle prove della

parte civile.

Il secondo motivo deduce questioni non ammesse in sede di legittimità non individuando

carenze gravi o vizi logici della motivazione ma, invece, proponendo una diversa

ricostruzione delle prove. Peraltro, gli argomenti svolti, nel ritenere mancante la prova della

sua disponibilità economica, sono basati su di una erronea interpretazione della norma

incriminatrice; va invece rammentato che, a fronte della obbligatorietà di assistenza nei

confronti dei congiunti, è onere dell'obbligato dimostrare la propria incapacità economica e

non viceversa.

Il terzo motivo richiede valutazioni in fatto di competenza del giudice di merito, peraltro con

argomentazioni del tutto generiche.

Valutate le ragioni dell'inammissibilità, va disposta la sanzione pecuniaria nella misura di

cui in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021